Norayr Kasper
STEEL-LIVES, STILL-LIFE
55a Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia
Eventi collaterali
Installazione di:
Norayr Kasper
Curatore: Roger Connah
Curatrice aggiunta: Chakè Matossian
“Norayr Kasper è una voce unica nella quale una spiccata formazione artistica, un background
culturale variegato confluiscono in una rara e preziosa visione. Steel-Lives, Still-Life
costituisce la sintesi delle sue ossessioni estetiche e intellettuali.”
Atom Egoyan
Kasper ritorna alla città invisibile dei suoi anni di formazione. Dopo due decenni da cineasta in Canada, Venezia è la città scelta
dall’artista per presentare la sua prima opera internazionale: STEEL-LIVES, STILL-LIFE.
Avendo viaggiato per anni in lungo e in largo in Armenia, il cineasta, fotografo ed artista Norayr Kasper ci propone un racconto
sull’industria armena dell’acciaio del secolo scorso. Steel-Lives (ancora viventi); il paradosso e la finezza del titolo kasperiano sono efficaci. “La lucidità dell’opera è evidente”, scrive il curatore Roger Connah, “sta al di fuori della storia, evitando di lasciarsi intrappolare dai limiti imposti dall’esterno.”
Ispirato dai resti dell’eredità industriale nell’Armenia post-sovietica, Steel-Lives, Still-Life, come ha spiegato Norayr Kasper, è un’installazione che tenta di offrire una forma di rappresentazione e di racconto alla perdita di rilevanza dell’uomo e della macchina. E continua: “vaste distese di edifici desolati ed abbandonati testimoniano la storia di un’industria un tempo florida. Dentro le fabbriche che sopravvivono, Kasper ha catturato i volti di operai, con vetuste tute di canapa, ancora intenti a seguire bizzarri macchinari sotto una luce fioca e dense ombre di ruggine e olio.”
La serie d’immagini di Kasper, di una semantica tonale ed emotiva stratificata, abita la storia e lo spazio che si trovano ad occupare,
la palladiana Loggia del Temanza nel giardino di Palazzo Zenobio. L’installazione è composta di quattro immagini principali
stampate su seta, protese in un dialogo con l’acciaio abbandonato dei cavalletti. Queste installazioni sono delicatamente sistemate
tra parentesi mentre lo spettrale ed invariabile complesso d’immagini dell’acciaieria viene proiettato, accompagnato da una muta
quanto insistente colonna sonora che ci mette davanti al mondo dei sogni e dell’utopia all’interno di queste strutture abbandonate.
Come la filosofa e critica Chakè Matossian scrive, “Norayr Kasper svela la dimensione spettrale della fotografia, proiettandola al di
fuori della cornice dell’opera, attraverso la presenza di ampi veli in seta che ondeggiano nello spazio espositivo... La morbidezza
del tessuto si oppone alla rigidità del metallo, lo svolazzare dell’uno all’immobilità dell’altro, la poetica del primo all’aggressività del
secondo. Mettendo ironicamente in primo piano la durezza del cavalletto, Kasper ci ricorda che si trattava in origine di uno strumento
di tortura. Non c’è opera d’arte senza tortura.”
Un cadavere può di certo continuare a morire, come ha scritto Jorge Semprún, ma mentre questi giganti industriali vanno lentamente
a pezzi, le spoglie rimangono. Le dense stratificazioni del metallo evocano la storia e la memoria nello stesso modo in cui, le nature
morte di J.S. Chardin, con le composizioni di animali inerti, verdure e fiori su un tavolo di legno, dichiarano le loro virtù estreme. I
fragili steli delle agende politiche compensano sempre la conoscenza con l’oblio: questo ci viene ricordato. Tale è il motivo per cui
la donna sistemata all’ingresso della Loggia del Temanza si volge a guardare un futuro bloccato tra la perdita di significato in una
certa fase della vita e il residuo creativo della speranza che s’insinua nel presente.
Il fotografo e artista Norayr Kasper ci conduce – usando letteralmente la seta – attraverso queste immagini fino a trovare il “micromuseo” del Significato Perduto e del Residuo Creativo. Meno preoccupato della precisione tecnica, Kasper mette il visitatore a
confronto con le architetture del suo smarrito mondo dei sogni. Quasi a voler mettere in discussione il nostro stesso stato mentale e
il significato della società odierna, un album in seta delle fotografie raccolte fissate all’interno di questo fragile materiale. Kasper si
pone la stessa domanda che Lenin si fece nel 1901, la stessa domanda diventata protesta artistica, stimolo e resistenza: Che fare?
Rifiutando comunque di competere con lo slogan, l’opera di Norayr Kasper rappresenta esattamente la forza della fragilità. Con la
sua spettrale spazialità, profondamente silenziosa e tuttavia con una voce forte e chiara, che non ammette imitazioni.
“Norayr Kasper è una voce unica nella quale una spiccata formazione artistica, un background
culturale variegato confluiscono in una rara e preziosa visione. Steel-Lives, Still-Life
costituisce la sintesi delle sue ossessioni estetiche e intellettuali.”
Atom Egoyan Norayr Kasper - artista.
L’esperienza emotiva di Kasper, artista visuale canadese di origine armena, cresciuto a Venezia ed ora residente a Toronto, scaturisce
da una pluralità di ambiti culturali che ha determinato una formazione artistica ricca e multidisciplinare. Ha studiato fotografia e
architettura allo IUAV di Venezia e si è laureato in produzione cinematografica e cinema a Montréal (Concordia University, 1990).
La sua opera comprende fotografia documentaria e artistica, film d’arte, la cura della fotografia di oltre 30 pellicole cinematografiche
e televisive che hanno plasmato la sua personale cifra stilistica visuale. Al suo primo film “Calendar” (in collaborazione con il regista
Atom Egoyan), un dialogo tra fotografia e memoria, sono stati tributati, tanto da parte di studiosi come di critici, riconoscimenti
internazionali. Nel corso della carriera ha ricevuto molti premi in campo cinematografico ed è giunto in finale in numerose occasioni.
Lo stile espressionistico di Kasper evidenzia una ricca esperienza visuale nella quale il movimento, la luce e gli elementi strutturali
accentuano l’espressività delle sue variegate opere, frutto di molteplici incroci disciplinari.
Roger Connah - scrittore, docente, curatore.
Direttore associato dell’Azrieli School of Architecture & Urbanism (Carleton University), membro della “International Association of
Art Critics” (AICA). Ha scritto: Writing Architecture (1989), How Architecture Got it Hump (2001), Welcome to the Hotel Architecture
(1999), Aaltomania (2004), The Rest is Silence (2011) e The Anti-Library (2013)
Chakè Matossian - critica d’arte, filosofa, saggista e docente.
Professoressa all’Académie Royale des Beaux-Arts di Bruxelles, membro della “International Association of Art Critics” (AICA).
Autrice di numerose opere, articoli e saggi per cataloghi, ha collaborato con riviste e giornali di estetica e di studi umanistici; ha
inoltre tenuto conferenze in prestigiose istituzioni internazionali (Villa Medici, Collège de Belgique, Collège de France), università e
accademie d’arte.
Catalogo - SKIRA Editore
Ufficio Stampa
Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena
Corte Zappa, Dorsoduro 1602
I-30123 VENEZIA
Tel./fax: +39 041 5224225
E-mail:
sl@steel-lives.com
www.steel-lives.com
Mostra aperta al pubblico: 2 giugno - 24 novembre, 2013 | 10:00-18:00
Entrata Libera
Apertura: 1 giugno, 2013 (su invito)
Luogo: Loggia del Temanza
Centro Studi e Documentazione della Cultura Armena
Indirizzo: Corte Zappa, Dorsoduro 1602, 30123 Venezia.
Telefono/Fax: +39 041 5224225
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